DIVIETO DI PATTO LEONINO NEI PATTI PARASOCIALI

Il divieto di patto leonino nei patti parasociali.

La norma che vieta il c.d. “patto leonino”, sebbene sia contenuta nell’ambito della disciplina delle società di persone, si applica anche in relazione ai patti parasociali nell’ambito delle società di capitali.

L’art. 2265 c.c. vieta la stipulazione di un patto che consenta ad uno o più soci di prevaricare gli altri, escludendoli dagli utili o dalle perdite.

Tale norma, invero, non distigue tra patto inserito nel contratto di società e patto autonomo sulla base del presupposto che, sebbene accordo formalmente estraneo al contratto di società, si presenta collegato ad esso poichè tendente a realizzare un risultato economico unitario.

Il c.d. “patto leonino” contenuto in accordi parasociali può considerarsi nullo alla presenza di due condizioni:

  • esclusione del socio, in via alternativa, da “ogni” partecipazione agli utili o alle perdite (e a maggior ragione quando viene escluso da entrambe le forme di partecipazione)
  • che tale esclusione sia costante e totale; sono leciti, invero, i patti parasociali in cui l’esclusione del socio dalla partecipazione agli utili o alle perdita non risulti “assoluta” e “costante” ma temporanea (Trib. Cagliari 03.04.2008; Cass. 21.01.2000 n. 642)

Tale divieto è volto ad evitare clausole statutarie e accordi parasociali che alternino, in modo assoluto e sostanziale, la ripartizione del rischio di impresa, deresponsabilizzando del tutto il socio dall’esercizio prudente e avveduto dei diritti amministrativi, nell’interesse della società e con l’obiettivo di salvaguardare il suo patrimonio (Trib. Milano 03.10.2013).

Costituisce un esempio di patto nullo quello che assicuri ad alcuni soci un minimo garantito e nessuna partecipazione alle perdite ovvero che esclude alcuni soci dalla partecipazione agli utili o alle perdite.

Di converso, alla luce dei criteri avanti esposti, deve ritenersi pienamente legittimo il patto che, diversamente dall’atto costitutivo, stabilisce una diversa distribuzione di utili e perdite. O, altro esempio, deve ritenersi perfettamente lecito il patto parasociale avente ad oggetto l’obbligo di un azionista di acquistare l’intera partecipazione di titolarità di altro socio ad un prezzo non inferiore a quello corrisposto da quest’ultimo per l’acquisto, maggiorato degli interessi ad un tasso convenzionale prestabilito nonché dei versamente effettuati a favore della società partecipata (Cass. 04.07.2018, n. 17498).

Avv. Marco Napolitano